venerdì 7 febbraio 2025

Bullismo: riconoscerlo e riconoscersi


 Nella Giornata  contro il Bullismo e il Cyberbullismo, caratterizzata da tante iniziative promosse da Unicef, Istituzioni Locali e Scuole di ogni ordine e grado, vogliamo riproporre un recente articolo apparso sul quotidiano "Il Mattino" a firma del Presidente di AdAstra Campania, Andrea Santoro, Comandante di Polizia Locale e docente della Scuola Regionale di Polizia Locale. Santoro ha infatti posto l'accento su un tema importante, la capacità di riconoscere il bullismo ma soprattutto di riconoscersi. Spesso infatti i bulli non si rendono neanche conto di esserlo. Ecco il testo della sua interessante riflessione:

Sovente si creano importanti sinergie tra la Polizia Locale e le direzioni scolastiche. Questo permette di intervenire, unitamente agli assistenti sociali, in maniera tempestiva su situazioni delicate, quali la dispersione scolastica, l'uso di alcool e stupefacenti nei minori, fenomeni di violenza domestica. Ed anche e sempre più spesso per intercettare i fenomeni di bullismo.
Proprio su quest'ultima tematica occorre fare una riflessione. Al di là dei casi più gravi ed evidenti, come riconoscere il bullismo? Un ragazzino che viene preso in giro è vittima di bullismo? Uno schiaffo o una spinta dati ad un compagno di classe è bullismo?
Ovviamente non si può semplificare e ridurre tutto ciò che di brutto e antipatico può accadere nelle relazioni sociali tra bambini o adolescenti alla parola “bullismo”, perché altrimenti rischiamo di annacquare tutto.
Troppo spesso si sente parlare di episodi di bullismo perfino tra i bambini dell'asilo. È un errore, perché la semplificazione porta a non approfondire i veri problemi comportamentali che possono avere un bambino manesco o maleducato. I cui comportamenti andranno sicuramente censurati nei modi più adeguati, ma anche e soprattutto lavorando sul background familiare.
Un singolo episodio, per quanto grave, non può essere sintomo di bullismo.
La presa in giro tra ragazzini ci può stare. Non si possono certo accettare episodi di violenza, ma anche in questo caso un singolo episodio -per quanto deprecabile- non deve far scattare l'allarme “bullismo”. Alla base di una lite, di una rissa, ci possono stare una miriade di cause.
Quando nelle chat di classe su whatsapp una mamma finisce per accusare di bullismo il figlio di un'altra, facilmente si perde il senso della misura. Ci sono situazioni nate in queste chat e finite male: con insulti, querele e nei casi più estremi risse violente tra genitori.
Il bullismo è una piaga sociale, che va riconosciuta e curata. Senza generalizzare, senza banalizzare. Lasciando che siano le figure professionali preposte ad occuparsene: dagli assistenti sociali agli operatori della sicurezza. E la Polizia Locale, in quanto prima forza presente sul territorio, ha il dovere di acquisire -ove mancasse- quella formazione professionale tale nel saper gestire le situazioni di bullismo, che per la maggior parte riguardano i minorenni.
Facciamo però subito una distinzione opportuna: i fenomeni di bullismo e di baby-gang sono completamente diversi. Hanno in comune la giovane età dei protagonisti. Possono essere fasi del percorso di vita di un medesimo individuo. Ma sono due cose molto diverse tra loro, sebbene spesso se ne parli sovrapponendole senza la giusta cognizione di causa.
Il bullismo è il comportamento di prepotenza e prevaricazione, di natura fisica o verbale, caratterizzato da una molestia e una aggressività, spesso con minacce. A differenza delle altre forme di aggressività, è caratterizzata da alcune variabili fondamentali: l'intenzionalità, la reiterazione, la asimmetria di potere. Colui che compie queste azioni lo fa intenzionalmente, prendendo di mira una o più vittime da lui individuate come più deboli per aspetto fisico, per età, per emotività. Questi comportamenti vengono reiterati nel tempo. E nella maggior parte delle situazioni trovano terreno fertile nelle dinamiche di gruppo. C'è sempre un pubblico che può assistere passivamente, oppure schierarsi con la vittima, oppure ancora manifestare consenso esplicito al comportamento aggressivo fino a prendervi parte.
La reiterazione è l'aspetto più importante da tenere in considerazione. È quello lo spartiacque da utilizzare per comprendere se ci si trova di fronte ad un episodio di bullismo.
La presa in giro, la parolaccia, il verso fatto alle spalle, lo sghignazzare. Sono comportamenti poco felici. Ma quando prendono di mira la stessa persona ripetutamente è evidente che siamo in una fase ormai evidente di bullismo. A cui possono seguire gli stadi più gravi: minacce, danneggiamenti di libri, quaderni, zaini, ma anche violenze fisiche, estorsioni ed indebite appropriazioni di denaro, vestiti, perfino scarpe. Merita una futura riflessione specifica tutto ciò che accade attraverso i social: il cosiddetto cyberbullismo.
Se è una operazione delicata riconoscere la vittima di bullismo, che tende ad isolarsi, ancora più difficile è per il bullo riconoscersi in quanto tale.
Mica un ragazzino si sveglia una mattina e decide di diventare un bullo. O nel caso di una ragazza una bulla. E non vi sorprenderà sapere che gli episodi di bullismo riguardano indistintamente sia i maschietti che le femminucce. Anzi, va detto che mentre nei primi prevale l'aspetto più fisico della violenza, nel gentil sesso prevale una perfidia verbale e comportamentale ancora più velenosa.
Il bullo inizia ad essere bullo senza rendersene conto. Spesso lo fa per sconfiggere i propri limiti caratteriali, la propria frustrazione individuale, per superare la debolezza che deriva da situazioni familiari pesanti che si porta dentro. Non a caso prende di mira il più debole. Tutto inizia per strappare una risata agli altri. Per farsi notare, per risultare simpatico. Ecco perché spiegato ha sempre bisogno di un pubblico. Quando il bullo si accorge di aver fatto qualcosa che agli altri è piaciuto, tende a rifarlo. Un buffo soprannome dato ad un compagno di classe, una battuta sul suo aspetto fisico o sulla sua provenienza sociale o familiare: uno scherzo che reiterato nel tempo diventa vera e propria molestia. Il bullo continua a farlo quasi senza rendersi conto della sofferenza che sta provocando la vittima. Certo, in alcuni casi può prevalere un sadismo intrinseco alla personalità. Ma spesso il bullo lo fa non per arrecare sofferenza ma per sopravvivere al proprio disagio interiore, per apparire bello agli occhi degli altri che ridono e lo incoraggiano.
Una corretta educazione di contrasto al bullismo deve partire da queste considerazioni. Occorre che ci sia una diffusa condanna sociale degli episodi di bullismo. Chi assistere ad episodi simili deve mostrare il proprio sdegno, deve solidarizzare con la vittima ed isolare il bullo. Quando al bullo viene meno il consenso del pubblico, viene meno tutto. Dobbiamo insegnare ai ragazzi l'autocontrollo. Devo capire che in tutti i comportamenti c'è un limite che non va superato. Lo scherno, la battuta, la goliardata ci sono sempre stato ed è giusto che continuino ad esserci anche per formare il carattere di chi le subisce. Ma la reiterazione è molestia. L'asimettria di potere, ovvero l'azione fatta da chi è più grande o più forte, è pura vigliaccheria.
Il bullo non è un delinquente che va represso, ma un soggetto fragile che va aiutato al pari della sua vittima.
La vittima di bullismo merita infine una particolare attenzione. Tende ad isolarsi, a nascondere ciò che accade ai propri familiari perché se ne vergogna, subentrano sensi di colpa, quasi che sia la propria debolezza a generare le cattiverie e le violenze degli altri. La vittima non comprende l'odio e l'emarginazione che le vengono inflitte, farebbe addirittura qualsiasi cosa pur di iniziare a piacere ai propri aguzzini, perfino azioni estreme come provare di coraggio o piuttosto di vera e propria incoscienza: camminare su un cornicione, tuffarsi da un balcone, arrampicarsi su un palo della luce. Oppure si ha la reazione opposta: non più il desiderio di piacere agli aguzzini ma il solo bisogno di farli smettere, ad ogni costo. Anche ricorrendo alla violenza, non per vendetta ma per esasperazione. Così la vittima rischia di diventare ancora più pericolosa dei suoi aguzzini con reazioni che possono all'esterno sembrare addirittura spropositate ma che nella testa della vittima sono parametrate al cumulo delle sofferenze patite nel tempo.
Tristezza, depressione. Cicatrici che restano nel tempo e che segnano indelebilmente la vita ed il carattere di chi le ha subite.
Ecco perché è fondamentale parlare di queste cose. Chi è vittima di bullismo non deve essere lasciato solo. Bisogna dargli l'opportunità di parlare, di raccontare, di affrontare e superare ciò che si è subito.

Dott. Andrea Santoro
Presidente dell'Associazione AdAstra Campania
Presidente del Consiglio di Indirizzo del Consorzio AdAstra Innovazione e Sviluppo
Comandante della Polizia Locale nei Comuni di Polla (SA) e Sant'Arsenio (SA)
già Comandante delle Polizie Locali di Quarto (NA) e Orta di Atella (CE) - Docente di Tecniche Operative della Scuola Regionale di Polizia Locale della Campania

lunedì 3 febbraio 2025

Costituito il Consorzio "AdAstra Innovazione e Sviluppo"


 Nasce a Napoli un nuovo modo di concepire le politiche sociali. È stato costituito infatti il ​​nuovo Consorzio "AdAstra Innovazione e Sviluppo" , senza scopo di lucro ma in grado di coniugare le attività degli Enti del Terzo Settore (associazioni, cooperative sociali, imprese sociali) con le attività di particolari società tradizionale definita "profit" ma che rivestono un ruolo importante nel tessuto sociale perché impegnate in settori fondamentali quali quello della formazione o della comunicazione.

L'idea di questo particolare Consorzio nasce nell'alveo delle iniziative promosse dalla Fondazione AdAstra , non a caso tra i soci fondatori vi è l'associazione AdAstra Campania che è l'ente del terzo settore iscritto alla RUNTS a cui la Fondazione ha delegato le attività di promozione sociale. Tra i nove soci fondatori, oltre AdAstra Campania vi è la società Centro per il Rilancio dell'Innovazione e dello Sviluppo (CRIS) . Il CRIS è uno Spin off accademico dell'Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” costituito da docenti del Dipartimento di Scienze Politiche che hanno deciso di valorizzare le proprie esperienze accademiche offrendo servizi di consulenza e assistenza ad alto valore aggiunto a favore di Enti, Imprese e Pubbliche Amministrazioni.

In fase di costituzione del Consorzio sono stati individuati i nove componenti del Consiglio di Indirizzo, organismo di controllo e monitoraggio delle attività consortili, ei primi tre componenti del Consiglio di Amministrazione. Il Presidente del Consiglio di Indirizzo è stato scelto nella persona del dott. Andrea Santoro (AdAstra Campania). Il CDA è invece guidato dal prof. Antonio Tisci (CRIS-Università Vanvitelli) e da due vice, il dott. Sergio Mantile e la dott.ssa Imma Mauriello .

«Una brillante idea diventata finalmente realtà -ha spiegato il Presidente Andrea Santoro- grazie all'impegno di numerosi professionisti, in primis la dottoressa commercialista Monica Montuoro ed il notaio Vincenzo Calderini con i rispettivi staff, che hanno individuato i giusti riferimenti giuridici per dare vita ad un organismo che coniuga il mondo profit e quello no-profit. Siamo nove soci fondatori ma abbiamo già oltre venti richieste di adesione. Molte associazioni hanno compreso l'importanza di questa operazione: creare un network permanente di scambio di esperienze e favorire la creazione di partnership e reti associative, secondo un concetto elementare, l'unione fa la forza. Molti bandi rivolti al sociale premiano infatti la capacità di partnership, più enti metti insieme più mostri di essere capaci. Il nostro vantaggio è quello di avere attraverso il Consorzio dei partner che non siano estemporanei, trovati all'ultimo minuto solo per rispondere ad un bando. Chi farà parte del Consorzio saprà di poter contare su una rete di associazioni con cui collaborare ed anche di consorziati in grado di fornire quelle esperienze professionali che a molte associazioni mancano. L'adesione alla CRIS dell'Università Vanvitelli è importante in tal senso, nobilita ogni tipo di iniziativa che andremo a mettere in campo insieme e garantisce sicuramente un apporto di competenze ad ogni singola attività messa in campo dalle associazioni aderenti. Siamo consapevoli di quanto sia strategico questo nostro progetto nel futuro panorama delle politiche sociali della Campania, principale terreno su cui operiamo. Ci aspettiamo quindi una proficua interlocuzione istituzionale ad ogni livello, saremo ben lieti di condividere la nostra esperienza per farla catalogare tra le buone pratiche per l'innovazione e lo sviluppo sociale del territorio».

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